Le rate in base all’ orario 5.00 GMT
Oggi sui mercati
Nota: La tabella sopra riportata viene aggiornata prima della pubblicazione con le ultime previsioni del consenso. Tuttavia, i testi e i grafici vengono preparati prima. Pertanto potrebbero essere presenti delle discrepanze tra le previsioni riportate nella tabella sopra e quelle presenti nei testi e i grafici.
La mattinata europea non è particolarmente interessante, eccezion fatta forse per i dati finali per l’indice dei prezzi al consumo (IPC) aggregato per l’area euro che verrà pubblicato alle 9:00 GMT.
Quando il sole sorgerà negli Stati Uniti, avremo l’indice delle prospettive delle aziende della Fed di Philadelphia. L’indice manifatturiero Empire State della scorsa settimana ha superato ogni aspettativa, attestandosi a 24.60, dalla lettura precedente di -11.80. Il mercato prevedeva solamente un +1.0. Normalmente gli economisti prevedono che i due indici tendano a convergere: quello che registra una lettura inferiore normalmente viene previsto in crescita, mentre quello con una lettura superiore viene previsto in calo, ma questa volta il mercato prevedeva che l’indice Philly Fed sarebbe calato sotto al livello raggiunto dall’indice Empire State. Ovviamente è assolutamente possibile, in quanto non c’è nessuna regola che dice che uno deve essere superiore all’altro. Ad ogni modo, un lieve calo come previsto suggerirebbe comunque che l’economia USA è ancora in buona salute, confermando così il messaggio dell’indice Empire State e normalmente sarebbe positivo per il dollaro.
Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione USA non sono più così interessanti. Al momento continuano a crescere un po’ e poi calare un po’ e non forniscono quindi un segnale utile.
Quest’anno (linea rossa) è in linea con gli anni precedenti, verso il margine inferiore degli ultimi anni e non c’è molto da commentare qui.
L’indice predittivo USA (LEI o leading index) si prevede che rimanga invariato dal mese precedente. La media mobile a sei mesi ha registrato un trend ribassista per diverso tempo, e questo è prevedibile, dal momento che il “rimbalzo” post-pandemia si attenua e la vita torna ad una sembianza di “normalità”, almeno per coloro di noi che sono ancora vivi. Le stime GDPNowcast della Fed di Atlanta prevedono una crescita del PIL Q1 al +1.1% trimestre su trimestre SAAR, in decisa frenata dal +6.9% del Q4 2021. La previsione del consenso del mercato di Bloomberg è dell’1.0% trimestre su trimestre SAAR.
Un aumento dello 0.3% mese su mese direi che è piuttosto buono. La Conference Board ha notato che l’aumento dello 0.3% di febbraio “non rispecchia appieno l’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina, che potrebbe portare ad una traiettoria più bassa per il LEI USA e segnalare una crescita economica inferiore al previsto nella prima metà dell’anno”. Una crescita stabile in queste condizioni sarebbe un segnale della resilienza di fondo dell’economia USA = USD+
La fiducia dei consumatori UE dovrebbe calare ulteriormente. In passato mettevo a confronto la fiducia dei consumatori rispetto al virus, ma ora sembra aver più senso rappresentarla a fianco dei prezzi dell’energia. I prezzi del gas naturale sono calati leggermente ma rimangono a livelli molto più elevati rispetto ad un anno fa.
Infine, potremmo avere qualcosa di interessante da Washington. Il Governatore della Bank of England Bailey interverrà alla “Macro Week” del Peterson Institute. Potrete seguirlo qui se interessati. Più tardi il presidente della Fed Powell e la presidente della BCE Lagarde prenderanno parte ad un evento del seminario del FMI intitolato “Dibattito sull’economia globale” assieme ad altri tre luminari.
Nella notte, verrà pubblicato l’indice dei prezzi al consumo (IPC) in Giappone. Anche per il Giappone, il perenne escluso, si prevede un aumento dell’inflazione. In particolare l’inflazione headline dovrebbe aumentare dell’1.2% anno su anno, la prima volta sopra l’1% dall’ottobre 2018. Tuttavia l’inflazione core in stile giapponese (che esclude i prezzi di alimenti freschi) dovrebbe rimanere in linea con l’inflazione core di Tokyo, il che non sorprende. Tuttavia, l’inflazione “core-core” (che esclude i prezzi di alimenti freschi ed energia, che viene considerata come “core” nella maggior parte dei paesi) dovrebbe rimanere in zona di deflazione (-0.8% anno su anno).
Ad ogni modo la reazione del mercato al dato è deludente, a differenza di quanto avviene per la maggior parte degli altri paesi, dove la valuta normalmente mostra una correlazione piuttosto buona con i dati sull’inflazione. Questo probabilmente perché a) l’IPC Tokyo viene pubblicato due settimane prima ed è una buona stima di come sarà l’IPC nazionale e b) nessuno prevede che l’inflazione sia a livelli sufficientemente elevati da portare la Bank of Japan a cambiare la politica. Ritengo che questo secondo punto sia il più importante, perché anche l’IPC Tokyo non porta ad un cambiamento correlato del corso dello yen.
L’IPC giapponese potrebbe essere a livelli straordinariamente bassi anche a causa di statistiche poco brillanti. Ad esempio, gli affitti, che contribuiscono al 18.2% dell’IPC, non tengono in considerazione il deterioramento degli edifici nel tempo (come il calcolo USA). Vengono inclusi anche molti edifici più datati che non sono competitivi ma sono notevolmente più economici. Le auto, con una ponderazione del 2.2%, includono solo le auto nuove e non le auto usate, che hanno visto il prezzo crescere di circa il 24% nel 2021. I prezzi per gli alimentari non tengono in considerazione la dimensione. Molte aziende nel settore hanno usato lo stratagemma di ridurre la dimensione dei biscotti o altri dei loro prodotti e ridurre la quantità nelle confezioni. Molte società giapponesi usano questa tecnica: al posto di alzare il prezzo del prodotto esistente, aggiungono ulteriori funzionalità, cambiano il look e poi lo lanciano come “nuovo” prodotto o servizio ad un nuovo prezzo, ovverosia ad un prezzo più elevato. I giapponesi impazziscono letteralmente per i nuovi prodotti. Dal momento che vengono presi in esame solo alcuni brand e pochi prodotti, tali variazioni non entrano nell’indice IPC.
Detto ciò la politica si basa sull’indice però.
Tutti però aspettiamo il prossimo mese, quando il calo delle tariffe di telefonia mobile di un anno fa uscirà dal calcolo e solo allora ne capiremo di più. Probabilmente l’inflazione headline supererà il 2%. Come reagirà la Bank of Japan? Non rimane che sintonizzarsi il 19 maggio per scoprirlo.
Nella notte inizieremo con l’indice preliminare dei direttori degli acquisti (PMI) per le principali economie. Come di consueto non è presente una previsione per il Giappone. Si prevede un calo ad ampio spettro, con solo l’indice del settore dei servizi USA che dovrebbe riportare un lieve aumento. La produzione manifatturiera in Germania e i servizi nel Regno Unito dovrebbero mostrare cali particolarmente marcati, anche se non sono certo di quanto ciò sia significativo nel caso nel Regno Unito, perché nonostante il calo previsto di 2.6 punti del PMI servizi, rimarrebbe comunque il migliore del gruppo. Gli indici PMI non crescono all’infinito. Il calo previsto per il PMI manifatturiero in Germania sarebbe più significativo, in quanto posizionerebbe la Germania sotto al PMI europeo complessivo, al posto che sopra.
Tuttavia, tutti i PMI dovrebbero rimanere saldamente in territorio di espansione, il che, se si considerano le circostanze, non è per nulla male. Ci sono molti fattori a livello globale che è pacifico che li spingano al ribasso, anche più di quanto stia succedendo al momento.
Nel frattempo verranno pubblicati i dati sulle vendite al dettaglio nel Regno Unito. Si prevede un calo su base mensile, il che non è per nulla buono quando l’inflazione corre all’1.1% mese su mese, il che significa che anche se il volume di beni venduti fosse rimasto invariato, il valore sarebbe salito dell’1.1% (più o meno). Il problema è probabilmente a) lo shock degli acquirenti per i prezzi elevati, e b) i soldi che la gente prima avrebbe speso per andare al pub e comprare iPhone (non necessariamente contemporaneamente) ora devono essere spesi per riscaldare le case. L’aumento dei costi dell’energia è probabile che pesi sulla spesa dei consumatori del Regno Unito per un po’.